Igor D’India, giovane video-maker palermitano, è tornato da un paio di mesi dal Canada. Era andato per compire un’impresa: navigare per 2500 Km il fiume Yukon in canoa solitaria, come fece Walter Bonatti 50 anni fa. Sulla sua canoa niente loghi, ma solo la bandierina di Sport Senza Frontiere. Igor crede nei nostri valori e ha voluto dedicare la sua impresa ai nostri bambini.
Allora, Igor, sei tornato. Come è andato il tuo viaggio sulle orme di Walter Bonatti?
E’ andato benissimo, anche se non sono riuscito a navigare per i 2500 Km che fece Bonatti. Le tempeste e un fortissimo vento mi hanno impedito di raggiungere il fiume Porcupine. Ma sono soddisfatto lo stesso così. Proseguire sarebbe stato pericoloso per la mia vita e questa è la prima lezione che ho imparato da Bonatti: non rischiare inutilmente.
Come è il tuo umore adesso che sei “tornato nella civiltà?”
Non mi sento a mio agio in città. Ho vissuto per cinque mesi sulle grandi strade del Canada e sul fiume Yukon che mi ha portato fino in Alaska. Sono abituato a grandi spazi e a pochi, intensi, incontri con esseri umani. Milano mi ha accolto e mi sta offrendo molte opportunità, ma è una jungla che conosco poco e mi spaventa. Troppa folla, troppa fretta.
Quale è stato il momento più difficile? Hai sofferto la solitudine?
Sicuramente i due giorni sul lago Laberge, passati da solo nella mia tenda, piazzata su una sponda in attesa che cessasse il vento. Ero partito da un giorno e mi sono dovuto subito misurare con una brutta perturbazione che ha messo a dura prova i miei nervi.
L’avventura più divertente?
Sulle Montagne Rocciose, mentre facevo autostop nel mezzo di una bufera di neve, mi ha dato un passaggio un pescatore vietnamita, che non era proprio quel che si definirebbe “un drago” alla guida. Dopo avermi confessato che non sapeva cosa fossero le catene da ghiaccio, appena fuori Jasper, ci siamo schiantati sulla neve a bordo strada e, ovviamente, non avendo neanche una pala, abbiamo impiegato quattro ore a liberare l’auto con una padella e un piede di porco…Una situazione da film dei Coen, ma alla fine è stato divertente.
Hai visto molti animali? Hai avuto paura o ti facevano compagnia?
Animali tanti, soprattutto durante i 16000 km in autostop. Orsi, bisonti, alci, caribù, aquile, capre di montagna e spesso, durante le notti sul fiume, sentivo ululare coyote e lupi. Ma nessun animale mi ha mai fatto compagnia o paura. Vivevamo tutti nel rispetto degli spazi reciproci, immersi nello stesso universo selvaggio. Ovviamente io stavo molto attento nella preparazione del campo, soprattutto se dovevo passarci la notte, per non creare malintesi inutili. Solo con i gabbiani non ho mai trovato modo di convivere. Quegli uccelli non conoscono paura e anche se inavvertitamente stai navigando a cento metri da un nido, partono a stormi per beccarti in testa. Sugli insetti farei un discorso a parte…se pensate che l’orso sia feroce, misuratevi prima con uno sciame di qualche migliaio di zanzare fameliche!
Hai trovato qualcuno che aveva conosciuto Walter Bonatti?
Si, si chiama Palma Berger, 72 anni, di origini australiane. Faceva la guida turistica a Dawson City quando Bonatti sbarcò nel giugno del 1965. Lei lo portò in giro sul Keno, il battello a vapore in secca proprio sulle rive dello Yukon. L’ho intervistata, è davvero una donna divertente e dal vissuto interessante. A Fort Yukon ho invece trovato la figlia di Cliff Fairchild, il pilota che portò Bonatti con la canoa fino a Old Crow. Anche il buon Cliff era un personaggio interessante. Walter aveva ragione. che storie affascinanti si trovano nel Grande Nord!
Che cosa è cambiato in 50 anni sul fiume Yukon?
Sicuramente l’afflusso di turisti, nei 400 km di fiume da Whitehorse a Carmacks, è aumentato a dismisura. La corrente è dolce e le sponde spettacolari., mentre la difficoltà tecnica è alla portata quasi di tutti. Ma è a Nord di Circle, in Alaska, che si notano le differenze maggiori. Il global warming incide pesantemente sulla vita degli abitanti dell’artico., siano essi uomini o animali. La scorsa estate è stata la più piovosa degli ultimi cento anni e i venti hanno sfiorato i 90 km/h, proprio mentre tentavo di attraversare i cosiddetti Yukon Flats, a sud di Fort Yukon. Venti costanti e temporali sono stati di una violenza eccezionale. Una situazione ben diversa da quella descritta da Walter nel suo reportage per Epoca. Vi è inoltre un crescente aumento delle inondazioni e dell’inquinamento dovuto alle industrie estrattive. E’ davvero un brutto momento per le popolazioni di nativi che vivono in Alaska.
Quale è la cosa più importante che hai imparato sul fiume?
Che prima di avere paura ci deve essere un motivo concreto, perché temere qualcosa che potrebbe non verificarsi mai è un grandissimo ostacolo che ci si autocrea. Solo a giuste dosi la paura ti salva la vita. Il gioco è riuscire a non essere troppo fifone, ma neanche troppo spavaldo.
E adesso che stai facendo?
Sto montando la Serie Tv sulla spedizione, prodotta da Kobalt Entertainment, che quasi certamente andrà in onda l’anno prossimo in Italia e all’estero. E poi mi sto preparando per cominciare il tour delle scuole con Sport Senza Frontiere ONLUS, di cui sono testimonial e che mi ha invitato a condividere la mia esperienza con i bambini con cui fanno attività sportive.
Stai già pensando al prossimo viaggio? Quale sarà?
Ho già tante idee e tanti sogni, ma devo prima concludere questa grande avventura e prendermi il tempo necessario per l’ultima, fondamentale, fase dell’esperienza: la condivisione.
THE YUKON BLUES TRAILER ENGLISH from KOBALT ENTERTAINMENT SRL on Vimeo.