Membro del comitato tecnico scientifico di Sport Senza Frontiere
Tecnologo alimentare. Consigliere e Past President di Food Education Italy – Fondazione Italiana per Educazione Alimentare. Membro del comitato tecnico scientifico “Cibo e Scuola” del MIUR.
I dati del Ministero della salute parlano chiaro: circa 4 bambini su 10 tra gli 8 e i 9 anni consumano una prima colazione inadeguata o addirittura la saltano. È un peccato, perché il primo pasto del mattino è quello qualitativamente più importante: non solo permette di recuperare sprint ed energia dopo il lungo digiuno notturno, ma condiziona anche i tempi di tutta la giornata alimentare… E allora, perché non sfruttare questo periodo di sospensione dai ritmi abituali per impostare quella che rimarrà una buona abitudine poi per tutta la vita?
Per comprendere un pieno il valore della colazione, immaginiamo di tornare indietro nel tempo di qualche mese, prima che scoppiasse l’odiata pandemia, e andiamo a curiosare nella vita di Matteo e Giulio, coetanei, 7 anni. Sono grandi amici: la stessa passione per il gioco, gli stessi cartoni animati, lo stesso entusiasmo, ma due modi completamente diversi di rapportarsi col cibo. Matteo, pur non essendo propriamente un “mangione”, al mattino, prima di andare a scuola, consuma sempre una buona prima colazione: una bella tazza di latte o uno yogurt, del pane tostato con un assaggino di burro e un po’ di miele o di marmellata, e, per finire, un frutto fresco o una spremuta. Giulio, invece, la colazione la salterebbe proprio e non c’è verso di riuscire a fargli accettare nulla di più che un goccino di latte e, al massimo, un paio di biscotti. Ma come si sviluppa poi la loro giornata alimentare?
Fame e sazietà: un sentire naturale
Nel nostro cervello, nella zona detta “ipotalamo” ci sono i centri di regolazione “della fame” e “della sazietà”. Sono questi centri nervosi a regolare l’assunzione del cibo e a condizionare buona parte dei nostri comportamenti alimentari. Quando siamo a digiuno, o comunque quando nel sangue scende troppo il livello di glucosio (il “carburante” del nostro organismo), il centro della fame si fa sentire per spingerci a mangiare: aumenta la salivazione, percepiamo meglio gli odori, insomma… ci viene l’acquolina in bocca. Viceversa, quando finalmente si mangia e si ingerisce una sufficiente quantità di cibo, le pareti dello stomaco si distendono, cresce la glicemia (il tasso di glucosio nel sangue) e partono dei segnali che attivano il centro della sazietà, il cui compito, come dice il nome, non è altro che quello di darci uno stop ed evitarci di mangiare troppo.
Negli animali, questo meccanismo funziona a meraviglia: al mattino, quando si svegliano, vanno subito in cerca di cibo e quando sono sazi lo rifiutano, mantenendo così, nel modo più naturale, il giusto equilibrio tra l’energia introdotta e quella consumata. Nell’uomo, invece, le cose sono un po’ più complicate, perché a disturbare il funzionamento dei centri della fame e della sazietà, entrano in gioco altri fattori di tipo emotivo, psicologico, culturale, di gusto, che possono condizionare radicalmente il rapporto col cibo.
Ne sono un esempio proprio i diversi comportamenti di Matteo e Giulio al mattino.
La giornata di Matteo
La prima colazione di Matteo è sufficiente a garantirgli circa il 20-25% delle calorie che gli servono in tutta
la giornata (il range per quest’età è molto variabile, ma, giusto per avere un’idea, si parla di 1500- 2000 kcal giornaliere). Soprattutto, la colazione è tale da sfamarlo completamente per almeno 3 ore, così, all’intervallo di mezza mattina Matteo non arriva stravolto dalla fame, ma con quel tanto di appetito che gli fa apprezzare un pacchettino di cracker o una mela: uno spuntino molto leggero, sufficiente a sostenere il fisico fino all’ora di pranzo. È proprio verso le 13 che la fame si fa sentire di nuovo con forza, all’ora migliore per soddisfarla: pasta, carne, verdura… c’è tutto il menu della refezione per saziarsi e rimanere tranquilli fino al momento della merenda. Una merendina (una sola e di quelle buone), o, meglio ancora, una bella fetta di pane e marmellata, bastano per spezzare il digiuno pomeridiano e tirare senza problemi fino alla cena, verso le 20, quando la fame ricompare puntuale come un orologio. A questo punto, Matteo conclude la propria giornata alimentare mangiando di buon appetito, insieme a mamma e papà, quel po’ di verdura, di minestra e di formaggio che gli permettono di saziarsi in modo sano e di riposare sereno per tutta la notte.
La giornata di Giulio
Per Giulio, invece, la colazione del mattino è davvero un piccolo dramma: mezzo bicchiere di latte e due biscotti, ingurgitati di malavoglia, danno sì e no un centinaio di calorie. Troppo poche per recuperare dopo il lungo digiuno notturno. Ed ecco, allora, che la fame esplode incontrollabile a metà mattina: qualsiasi cosa va bene pur di tappare quell’insopportabile buco allo stomaco, e non basta certo qualche cracker… per fortuna c’è il provvidenziale pacchetto di patatine che la mamma ha messo in cartella. Già, ma quante calorie dà un pacchetto di patatine? Uno di quelli normali da 100 grammi, che un bimbo affamato divora in meno di 5 minuti? La bellezza (si fa per dire) di 500 kcal! Una quantità enorme, che corrisponde da sola a più di un quarto di tutto il fabbisogno calorico giornaliero del piccolo Giulio. Logico, allora, che il centro della sazietà si metta al lavoro e mandi un messaggio perentorio: dopo una botta calorica del genere, basta cibo per almeno 4 ore! Peccato che in queste 4 ore cada il momento del pranzo in mensa: Giulio non ha fame, assaggia a malapena qualcosa, ma quasi con disgusto. E quando la fame ritorna? A metà pomeriggio, quando, all’uscita della scuola, trova la mamma o la nonna pronte per soddisfare le sue richieste con montagne di merendine: un altro pieno di calorie che rivela tutto il suo peso al momento della cena, quando il piccolo Giulio si trova davanti a un menu che non ha proprio voglia di gustare perché si sente ancora sazio dopo la merenda-bomba del pomeriggio…
Menu a confronto
Proviamo ora a tirare le fila, mettendo a confronto la giornata alimentare dei due piccoli amici. Entrambi, in fin dei conti, hanno consumato una razione calorica sufficiente, ma è la qualità della loro dieta a essere molto diversa…
Matteo ha mangiato, in orari regolari, una giusta prima colazione e un pranzo e una cena sufficienti, intervallati da due spuntini ben equilibrati: un menu variato, ben bilanciato e ricco di tutti i principi nutritivi che occorrono per una crescita sana.
Giulio ha ribaltato la naturale distribuzione dei pasti, focalizzando l’assunzione delle calorie nel momento delle merende: lo spuntino di metà mattina e quello pomeridiano. Frutta, verdura, carne, pesce, latte, assumono il ruolo di complemento marginale e sgradito ai grassi e agli zuccheri degli snack e delle merendine, col risultato che la dieta, nel lungo periodo, rischia di essere sbilanciata: povera di fibra e fattori vitaminici, carente di calcio, di ferro e di iodio, con un apporto appena sufficiente di proteine e, d’altra parte, troppo ricca di sale, grassi e zuccheri…
Un quadro al quale conviene davvero cercare di porre rimedio, per evitare che il consolidarsi delle cattive abitudini possa avere riflessi negativi sulla salute futura.
Le ragioni del rifiuto
Ma cosa fare di fronte al rifiuto della prima colazione? Per prima cosa dobbiamo interrogarci per comprenderne il motivo. In genere, infatti, non si tratta di una condizione fisiologica: al risveglio, il fisico ha bisogno di energia ed è nelle condizioni migliori per assumerla, purché venga proposta nel modo giusto.
- L’ora della sveglia. Per entrare a regime, l’organismo ha bisogno di un po’ di tempo: c’è chi sente subito fame appena apre gli occhi e chi, invece, come mosso da un motore diesel, ci mette almeno mezzora a riconciliarsi col mondo e a recepire lo stimolo della fame. D’altra parte, per alcuni genitori, sembra che svegliare presto il loro bimbo sia fargli un dispetto. È il caso, manco a dirlo, della mamma di Giulio: “dorme come un angioletto, perché svegliarlo?”. Salvo poi riservargli un risveglio traumatico al grido di “FORZA CHE È GIÀ TARDISSIMO!!!”, 20 minuti prima di andare a scuola. E in questi frenetici 20 minuti ci devono stare il lavarsi, il vestirsi e la… colazione. Nessuno spazio, ovviamente, per coccole e relax. Chi avrebbe fame in queste condizioni? Il rifiuto della colazione ha quasi il sapore di un gesto di ribellione…
- La sorpresa del gusto. Latte e biscotti: è la colazione più pratica quando si ha pochissimo tempo. Ma è anche la più gradevole? Proposta come un obbligo da assolvere velocemente al lunedì, riproposta nello stesso modo al martedì, e poi anche al mercoledì e così via per tutte le settimane, di tutti i mesi, di tutto l’anno. Ma l’alimentazione non deve essere prima di tutto un piacere? Il piacere di variare, di scoprire gusti nuovi, di piccole sorprese che, di prima mattina, suonano un po’ come conferme di un’attenzione e di un affetto speciali.
- La bella compagnia. Ma la cosa più brutta per Giulio è fare colazione da solo. Senza il sorriso e, soprattutto, il buon esempio della mamma o del papà (meglio ancora se di tutti e due), seduti accanto a lui a condividere non solo il primo pasto della giornata, ma le attese e i progetti per il nuovo giorno. Una dimensione, quella del calore familiare, che è il miglior aperitivo per ben disporre nei confronti del cibo.
Alla ricerca del piacere perduto
Insomma, è evidente: quello che manca alla colazione di Giulio è una qualsiasi connotazione di piacere, e il piacere è l’unica molla che davvero può motivare i bambini nei confronti del cibo. Ridurre il primo pasto del mattino a un’antipatica formalità, a un obbligo da sbrigare velocemente e senza alcuna soddisfazione, significa andare incontro a sicuro rifiuto, con tutto quello che ne consegue. D’altra parte, non ci vuole molto per cambiare le cose: alzarsi presto alla mattina (magari andando a letto un po’ prima la sera), un po’ di relax, un po’ di buonumore e anche… di fantasia in cucina.