La pandemia che ha sconvolto le nostre vite negli ultimi 12 mesi, sembra far profilare inevitabilmente il rischio di una grandissima crisi economica e sociale.
A pagare il prezzo più alto della pandemia sono le persone più fragili e l’impatto della pandemia produrrà effetti diversi nei lavoratori precari rispetto a chi ha un impiego con un contratto a tempo indeterminato. Una crisi, questa, che sta investendo, e investirà, sia i settori formali che quelli informali. Ed è proprio per gli irregolari, e coloro che sopravvivevano sia grazie ad un lavoro regolare che per mezzo di arrotondamenti “in nero”, che si prevede un impatto alquanto doloroso.
Si palesano poi disuguaglianze e sperequazioni sociali che il virus ha fatto emergere in tutta la loro crudezza, rendendole ancora più acute, e che non sempre i diversi sistemi di protezione sociale dei vari Paesi Europei riescono a contenere. Le disuguaglianze, che assumono dimensioni macro a livello mondiale, si declinano in modalità diverse all’interno dei singoli Stati.
In Italia, la situazione dei più vulnerabili mette in luce, altresì, le sofferenze degli stranieri presenti nel Paese, in maniera regolare e irregolare. Tutte persone che vedono acuirsi il rischio di emarginazione e la deriva verso il degrado, con conseguente mancanza di accesso ai necessari percorsi di integrazione e una derivata, severa, esclusione sociale.
L’Outlook 2020 dell’OCSE evidenzia come i lavoratori immigrati in Europa abbiano assicurato la possibilità di rispondere alla crisi del COVID-19, rivelando a tutti il contributo essenziale che gli stranieri portano nei nostri Paesi per sostenere le economie europee, i servizi pubblici e per colmare la decrescita demografica e le carenze di manodopera. Questi lavoratori si trovano spesso nei settori più colpiti dalla crisi: agricoltura, lavori domestici e di assistenza domiciliare, sanità pubblica a tutti i livelli, industria alimentare, edilizia, turismo, transporti.
Mettendo a repentaglio la loro vita per il bene di tutti noi, essi hanno svolto, insieme a tanti nostri connazionali, un lavoro essenziale durante il lockdown iniziale e in questa seconda ondata della pandemia.
Nonostante ciò, ancora non vengono presi in considerazione come dovrebbero. I lavoratori migranti, e in particolare quelli irregolari, rappresentano la categoria meno protetta. Hanno sempre dovuto affrontare una serie di sfide, ma a causa del Covid la situazione si è aggravata per via delle condizioni di lavoro e di occupazione, dell’accesso al sussidio di malattia o alla disoccupazione o alle prestazioni sociali, per via della difficoltà di reperire dispositivi di protezione personale, nonché per le problematiche connesse all’accesso all’assistenza sanitaria pubblica e all’alloggio. E tutto ciò è destinato ad aggravarsi sempre più nei prossimi 12 mesi.
Molti degli stranieri regolarmente residenti nel nostro paese perderanno il lavoro quando cesserà il blocco ai licenziamenti, a fine marzo e forse perderanno anche il permesso di soggiorno e il diritto a restare nel paese in cui hanno magari creato una famiglia. Per alcuni ci sarà il problema dell’alloggio, oltre all’impossibilità di accedere ai necessari servizi sociali.
La crisi degli stranieri rischia di innestarsi in una molto più ampia bomba sociale, che riguarda la vulnerabilità e l’inclusione sociale di tanti connazionali che sono diventati, o sono a rischio di divenire, nuovi poveri. Si rende inevitabile, dunque, un’urgente risposta europea e nazionale.
Dobbiamo provare ad uscire da questa crisi tutti insieme, L’UE e i governi nazionali dovrebbero adottare misure necessarie per proteggere tutti, inclusi gli immigrati presenti nei nostri paesi. In particolare, è urgente garantire un congedo di malattia retribuito per tutti i lavoratori. Ogni lavoratore (migrante), che perde il reddito durante la quarantena, rischia di venire sospeso o licenziato. Dovrebbe, dunque, ricevere un sostegno finanziario, avere diritto all’assistenza sanitaria pubblica gratuita e ad un alloggio dignitoso. E’, e sarà, necessario garantire misure di sostegno al reddito per tutti coloro che non hanno accesso ad alcuna protezione sociale, inclusi gli stranieri.
Bisogna aumentare gli investimenti pubblici a sostegno dei servizi sanitari e sociali pubblici universali, che garantiscano cure e assistenze gratuite a tutti. Le autorità pubbliche dovranno garantire l’accesso all’assistenza sanitaria e alla protezione sociale per tutti. Sarà necessario rafforzare le ispezioni mirate delle condizioni di lavoro nei settori ad alto rischio di sfruttamento della manodopera, garantendo a tutti i lavoratori un aiuto nell’ accedere alle informazioni e alle misure di protezione, di sostegno e di indennizzo ed evitare i rischi legati alle misure di contrasto all’immigrazione. Garantire l’accesso ad un alloggio sicuro ed adeguato per i senzatetto, indipendentemente dallo status di residenza. Introdurre nuove misure di regolarizzazione per i prossimi 24 mesi per ridurre la vulnerabilità, lo sfruttamento sul lavoro e l’esclusione sociale dei migranti irregolari, garantendo loro la piena parità di trattamento, condizioni di lavoro dignitose e l’accesso all’assistenza sanitaria pubblica.
Queste sono solo alcune delle considerazioni e delle misure adottabili per far fronte alla crisi di integrazione, e inclusione sociale che stiamo vivendo e verso la quale stiamo andando incontro. Speriamo che oltre al Recovery Fund ci si sieda anche a discutere di tutto ciò nei prossimi mesi e si prendano le giuste misure per affrontare il rischio di questa inimmaginabile crisi sociale, che è alle porte.
Francesco Aureli
Dir. Gen. Sanità di Frontiera ONLUS
Membro del Consiglio Direttivo e del Comitato Tecnico Scientifico di Sport Senza Frontiere